Colesterolo alto anche nei magri un rischio spesso sottovalutato

L’ipercolesterolemia rappresenta una condizione di salute estremamente seria. È riconosciuta come uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di patologie cardiovascolari. In Italia, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), circa il 21% degli uomini adulti e il 23% delle donne presentano livelli di colesterolo superiori alla norma. Ma questa condizione è necessariamente legata al sovrappeso o all’obesità? La risposta è no! Anche le persone in perfetta forma fisica, o addirittura magre, possono soffrire di ipercolesterolemia. Analizziamo più nel dettaglio questo argomento, fondamentale per la prevenzione e la tutela della salute.

L’impatto della dieta sui livelli di colesterolo

L’alimentazione e lo stile di vita – ovvero una regolare attività fisica, anche moderata, soprattutto per chi parte da una situazione di sedentarietà – giocano un ruolo cruciale nel mantenimento di livelli fisiologici di colesterolo. È importante ricordare che il colesterolo, di per sé, non è dannoso: si tratta di un lipide essenziale per numerosi processi vitali, tra cui la produzione di vitamina D.

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Tuttavia, è fondamentale sottolineare che l’influenza della dieta ha dei limiti. Se dovessimo rappresentare il suo impatto su una scala da 0 a 100, la dieta contribuisce per circa il 20-30% al mantenimento di livelli ottimali di colesterolo. Questo perché la maggior parte del colesterolo presente nell’organismo viene prodotta dal fegato.

L’attività di questa importante ghiandola è regolata da diversi fattori, tra cui la predisposizione genetica, i livelli di stress e l’abitudine a praticare esercizio fisico. Questi elementi interessano indistintamente tutte le persone, anche chi gode di una buona forma fisica e non necessita di perdere peso.

Il legame fra intestino e colesterolo

Un ulteriore motivo per cui anche chi è magro deve monitorare i livelli di colesterolo riguarda la stretta relazione, ormai ben documentata dalla ricerca scientifica, tra il colesterolo e il microbiota intestinale. Quest’ultimo, costituito da una complessa e numerosa comunità di batteri, deve mantenersi in equilibrio, una condizione nota come eubiosi (il contrario è la disbiosi).

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Preservare questo equilibrio è fondamentale per molte ragioni. Ad esempio, alcuni batteri intestinali sono in grado di trasformare la creatina – un composto amminoacidico presente in alimenti come le uova – in una molecola chiamata trimetilammina, nota anche con l’acronimo TMA.

Da questa trasformazione derivano processi che possono risultare dannosi per la salute. È importante sapere che il fegato converte la TMA nella sua forma ossidata, denominata TMAO (trimetilammina-N-ossido). Il TMAO è stato associato a un aumento del rischio di formazione di placche aterosclerotiche nelle pareti dei vasi sanguigni, incrementando così la probabilità di eventi cardiovascolari come l’infarto.

Cosa sapere sull’ipercolesterolemia familiare

Come si può notare, l’idea che le persone magre siano immuni da problemi di colesterolo è un mito infondato e potenzialmente pericoloso. Un ulteriore aspetto da considerare è l’ipercolesterolemia familiare (FH), una patologia ereditaria caratterizzata da livelli molto elevati di colesterolo LDL, comunemente definito “colesterolo cattivo”.

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Questa condizione è dovuta a mutazioni genetiche che interessano il gene responsabile della codifica delle lipoproteine a bassa densità. In pratica, l’organismo della persona affetta non riesce a eliminare efficacemente le particelle di colesterolo LDL dal sangue. L’ipercolesterolemia familiare si presenta in due forme distinte.

La prima, chiamata ipercolesterolemia familiare eterozigote, è la variante meno grave e si manifesta quando la mutazione viene trasmessa da uno solo dei genitori. Spesso può essere asintomatica. La seconda, l’ipercolesterolemia familiare omozigote, è molto più rara ma anche più severa, poiché la mutazione viene ereditata da entrambi i genitori.

Altre informazioni sull’ipercolesterolemia familiare

Le persone affette da ipercolesterolemia familiare possono beneficiare di esenzioni sanitarie in quanto considerate pazienti cronici; il codice di riferimento è 025, valido anche per altre forme di dislipidemia. Per quanto riguarda la diagnosi di FH, questa inizia con una dettagliata anamnesi personale e familiare del paziente.

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Vengono inoltre valutati segni clinici specifici, come la presenza di xantomi, ovvero accumuli di grasso che si manifestano come noduli sui tendini delle mani e dei piedi. La conferma definitiva della diagnosi si ottiene tramite test genetico, che consente di identificare con precisione le mutazioni responsabili della malattia.

Una diagnosi precoce è fondamentale. Intervenire tempestivamente aumenta notevolmente le possibilità di successo terapeutico. Il trattamento prevede innanzitutto una dieta povera di grassi. Dal punto di vista farmacologico, la terapia si basa sull’utilizzo di diversi farmaci, tra cui le statine e, in alcuni casi, l’Ezitimibe. Per qualsiasi indicazione specifica, è sempre indispensabile consultare il proprio medico di fiducia.

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